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Capi, soldati e anche i malfattori non hanno dubbi nel pensare che se Gesù è davvero l’eletto, a questo punto della storia, deve pensare a salvare esclusivamente sé stesso. La logica di chi osserva quell’uomo in croce dal punto di vista del potere vede impotenza, rassegnazione e sconfitta ormai certa.
Si salvi chi può quando la nave affonda, il mercato crolla o la bomba è ormai certa…
Si salvi chi può, per istinto di sopravvivenza o per l’opportunità concessa a chi conta qualcosa in più delle vittime…
Si salvi chi può andare altrove, chi ha risorse nascoste, chi ha le carte in regola per mettersi al riparo.
C’è chi dissente e guarda le cose da vicino, dal punto di vista di un’equa condanna che osserva l’assurdità di un innocente crocifisso come un criminale.
La giustizia di quel Re in croce è riscatto per una vita che sembrava ormai perduta, è consapevolezza di un perdono che accoglie il pentimento ed è promessa di un giardino oltre la vita che muore.
Ci salvi chi può, perché solo chi rinuncia a scendere da quella croce può salvare la nostra umanità, solo chi è fedele sino alla fine può riscattare le nostre vite, solo chi muore con una parola di perdono, può restituire pace e salvezza a chi si sente perduto.
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