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Sono in attesa di quello che resta e affido i miei giorni alle cose che non posso toccare, alle intuizioni che non mi è dato di vedere e al mistero che posso solo sussurrare.
Contemplo le foglie cadute dagli alberi e nel loro autunno inoltrato vedo il ricordo di una stagione ormai andata e la memoria di un caldo afoso che più non posso sentire.
Da qualche parte nel tempo che continua a scorrere, c’è una storia che giunge al proprio compimento e se da un lato c’è il timore di quello che finisce, dall’altro c’è un desiderio profondo di conoscere quello che resta.
Il buon Dio non mente e non tace quella serie di eventi che sfiorano il presente e rivelano il futuro, ma suggerisce la quiete di chi non corre dietro ai prestigiatori di apocalissi, vendute porta a porta come le vecchie enciclopedie.
La vera Rivelazione chiede coraggio che non si arrenda alla paura, volontà e decisione per non concedersi alle stramberie di questo tempo malato e fede profonda, per affrontare dignitosamente l’ostilità di un nichilismo sempre più agguerrito.
Neanche un capello del nostro capo andrà perduto e le nostre storie hanno comunque un senso se non perdiamo di vista l’epilogo dei giorni che hanno potuto conoscere la presenza di Dio.
Quello che resta è certamente più importante di quello che abbiamo perduto e credere che il punto finale degli eventi appartiene a Dio è mantener viva quella speranza che nessuno ci potrà mai togliere.
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