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Non è di certo l’ozio o l’apatia a caratterizzare il “servo inutile”, ma quell’umiltà di fondo che lavora con dedizione e costanza senza avvertire la necessità di consensi, approvazioni e applausi.
La gloria degli uomini si accontenta di mani che battano numerose e scroscianti e poco importa se quel suono è solo l’eco della circostanza, dell’abitudine o peggio ancora dell’ipocrisia.
Il servo inutile cerca nel silenzio di una preghiera, nella contemplazione e nel mistero del proprio incontro con Dio, quello che i più vanno attendono dalla riconoscenza e dalla gratitudine degli altri.
Il servo inutile non ha bisogno di simulare il proprio ego rimpicciolendosi ad arte e nascondendo dietro a un sipario i propri sogni di grandezza.
Quando finisce il giorno e il proprio lavoro è stato portato a termine, il premio tanto ambito è una notte serena per riposare senza troppi rimorsi e rimpianti.
Di fronte a Dio solo la presunzione e l’arroganza possono non avvertire quell’essere piccoli che definisce ogni essere umano.
Là dove qualcuno è già in ansia per rinnovare la propria grandezza anche domani, il servo inutile può respirare e sentire di essere semplicemente quello che è; il servo inutile sa benissimo che è più che sufficiente per poter essere amato e benvoluto da chi gli ha concesso il dono della vita. E la vita che sa ringraziare, non è mai inutile.
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