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Sì, c’è la gravità e non c’è salto che non si concluda ritornando a terra.
In alcuni sogni sperimentiamo il brivido del volo e quando si è giovani, talvolta precipitiamo velocemente sino a toccare il materasso e a riaprire spontaneamente gli occhi.
L’idea di andare verso l’alto accompagna l’escursione montana di chi vuole raggiungere una vetta e guardare il mondo da lontano.
Crescendo, la fisicità del volo inizia a trasferirsi nel pensiero e prima o poi, quel desiderio di elevarsi tocca le corde dello spirito e conosce l’ebbrezza di un viaggio che per qualche istante sembra abbandonare il peso e il limite del proprio corpo.
Quando Gesù ritorna al Padre ha ormai raggiunto il grado più alto che l’umanità possa conoscere e ha tracciato un percorso che diventa una mappa affidata ai suoi discepoli.
Il Vangelo è carta da decifrare ogni giorno e chiunque cerchi un dono d’ali per innalzarsi e per provare a conoscere meglio e di più le geometrie di un altro volo, ma anche per provare a frequentare diversamente questa terra.
In più di un’occasione quel volo corre il rischio di essere dirottato dalle nostre paure, dall’ansia e dalla gravità dei problemi che non riusciamo a risolvere.
Non ha alcuna importanza. Domani è sempre un giorno nuovo in cui ritentare e sapere che qualcuno c’è riuscito è un motivo sufficiente per non abbandonare.
E quando il viaggio è autentico, si ritorna senza troppa presunzione e si condivide umilmente la propria esperienza.
Andare verso l’alto è sempre un andare verso l’Altro: quello che siede alla destra del Padre, ma anche quello che resta prigioniero su questa terra.
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