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Il digiuno regala immagini in scala di grigi e definisce istantanee in cui prevale il senso dell'assenza, di qualcosa che viene a mancare e nello stesso tempo è lì, a tua disposizione.
Non c'è colore in una pratica che inizia e finisce con la forma della privazione di un pasto.
Non ci sono tinte accattivanti nella muta obbedienza a un calendario che si consegna alla prescrizione e non va oltre il rispetto di una regola.
Le luci sono spente o del tutto assenti quando il piatto è vuoto sulla tavola, ma il cibo occupa e invade i desideri proiettati nella mente.
Il colore di un digiuno inizia quando il tempo diventa ascolto e in quella Parola emerge l'abbondanza di un giorno di festa che dimentica "la prova del cuoco" e cerca d'interpretare il cuore di un desiderio.
I colori del digiuno diventano limpidi e naturali quando ti sfiora la condizione di chi è davvero senza, di chi non può scegliere di fare a meno di quel che non possiede.
E quel prazo o cena che hai deciso di ignorare, quanto è davvero ricco nel momento in cui quel piatto riappare su un'altra mensa.
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