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Vogliono ripristinare la terra e continuano a contaminarla in ogni modo.
Immagino come sarà sana la terra di chi sta combattendo una guerra e del grande beneficio delle bombe per sostenere la causa ecologica.
Penso a chi ha il compito di andare a cercare il litio per le nostre batterie e alla meraviglia di una Tesla per correre su un’autostrada con la consapevolezza del mio contributo a un mondo più pulito.
Potrei perdermi in questa celebrazione di un umanesimo che si risolve nell’accettazione di considerare etico tutto ciò che si può realizzare.
Volerei molto più basso e mi accontenterei di ripristinare l’uso delle parole senza dover ricorrere a un’immagine, un’emoticon o un meme per evitare la fatica di pensare e di cercare i termini di cui ho bisogno per potermi esprimere.
Camminerei a piedi nudi sulla terra e proverei a descrivere quel che sento e provo quando riscopro l’antico contatto.
Tornerei al mio vecchio quaderno, alle sbavature di una penna a sfera, alle sottolineature di un libro letto più volte e ancora in grado di sorprendermi.
Mi nutrirei delle parole della strada, quelle che devi raccogliere velocemente prima che ti siano portate via. Potrei essere il terreno che le fa germogliare…
Andrei a cercarle tra i sassi e proverei a trapiantarle in quel margine di coscienza che mi appartiene.
Sceglierei il primo mattino per difenderle dal sole e irrigherei l’anima perché possano sentirsi accolte.
Le parole sono ovunque e ognuno di noi può essere il terreno buono di cui hanno bisogno.
E non dimenticherei la Parola che dà senso a tutte le parole, il Verbo che deve tornare a pronunciarsi per continuare l’opera della creazione.
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