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È tutto così sofisticato e intelligente.
La casa si accende di luci battendo le mani, il televisore risponde alla tua voce e va alla ricerca del film desiderato, una porta si apre quando sei nel campo di azione di una fotocellula e un orologio può monitorare la qualità del tuo sonno.
Puoi non ricordare le tabelline e affidarti a un’intelligenza artificiale che esegua i calcoli che non sai più fare e risolvere un errore ortografico affidandoti a un qualunque correttore abbinato a un programma di videoscrittura.
Puoi scattare una foto artistica e ritoccarla a dovere con un semplice telefonino, ricordare tutti i compleanni di questo mondo con l’aiuto della memoria di uno dei tanti social, puoi anche pregare liturgie con tanto di canti registrati e video-scorrimento con luce discreta per non offendere i tuoi occhi.
È tutto così intelligente, ma io lo sono sempre meno. Ho prestato l’intelligenza al mondo delle cose e almeno in apparenza, ho risolto un certo numero di problemi della vita quotidiana. In linea teorica, dovrei poter utilizzare le mie risorse cognitive per questioni più elevate, ma non è così.
La realtà è che sono semplicemente più pigro, ho sempre meno bisogno di pensare e non ho più quell’allenamento quotidiano che aiuta la mente e lo spirito ad approfondire e a evolversi.
Leggo milioni di titoli e nessun articolo sino in fondo, faccio scorrere le pagine che non so più girare e sento una canzone dopo l’altra senza ascoltarne neanche una.
Invecchio senza diventare saggio e in rari momenti, piango il sale dei nostri anziani.
Visito il Louvre restando comodo in ufficio, non vado più al cinema perché mi basta un salotto e ricorro a Just eat quando non ho voglia di cucinare: mi sto lasciando programmare per una vita priva di ogni sapidità.
Dovrei essere a immagine e somiglianza di Dio, ma l’immagine è affidata a un influencer e la somiglianza rincorre tecnologici vitelli d’oro.
Il sale della terra si perde nelle ampie cucine di chi progetta un ricettario di missili, bombe e virus letali.
La luce del mondo si accontenta di uno specchio in cui riflettersi sino alla noia.
Ci sono momenti in cui rientro in me stesso e, riconoscendo tutta la mia stoltezza, posso ascoltare chi mi ripete che nulla è ancora perduto e non vige alcun divieto che ci impedisca di abbandonare l’incubo e di rimettere in circolazione il sogno.
È tutto così intelligente: noi possiamo esserlo un po’ di più.
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