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Se il tempio diventa ostile e non digerisce la schiettezza delle parole e la verità dei gesti o scegli di rinunciare o porti a compimento quel che appare come folle e decidi che la sabbia del deserto è un ottimo pulpito, anche senza una cattedrale a disposizione.
L’ultimo profeta è troppo vicino alla Parola per non riuscire a vederla o per confonderla con la banalità delle chiacchiere che nominano Dio in sua assenza.
C’è chi rincorre il successo in ogni modo e sceglie il messaggio dopo aver letto l’ultimo esito dei sondaggi in questione e chi non ha paura di restare solo pur di difendere il peso di una Parola che non ha alcun bisogno di scalare le vette della bassezza delle classifiche umane.
L’ultimo profeta non ha bisogno di vendere niente a nessuno e sa interpretare con una certa precisione quel desiderio di ritornare a Dio che abita il cuore delle persone più semplici.
L’ultimo profeta non ha bisogno di affidare la propria immagine a esperti del settore e non necessita di discorsi scritti con cura dal teologo che dispensa suggerimenti all’opera di Dio.
Il suo compito è preparare le strade, essere voce chiara e comprensibile per chi attende in silenzio e desidera andare incontro all’umano che presto rivelerà il divino.
Non è poi così difficile capire questo tempo che ci spinge a cambiare rotta e a ritrovare la centralità di una presenza che informi realmente le scelte e le decisioni di una vita smarrita tra pensieri liquidi, deboli e ridotti a miseri francobolli di appetiti privi di un senso.
Scegliere la via del deserto per ritrovarsi, abbandonare la dipendenza del facile consenso e restituire verità a quello che realmente stiamo cercando; questo sì è tanto entusiasmante quanto complicato.
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