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Sono sufficientemente allenato per mettere a tacere il chiasso delle prime ore dell’anno e trovare rifugio nel silenzio, nella meditazione e nella preghiera. Perdonatemi se non prendo il trenino con la samba incorporata e non m’imbelletto con cappellini carnevaleschi, fischietti e paillettes, ma sono ancora preso da quest’ultimo giorno dell’ottava di Natale e devo difendere la fragilità di una Parola che chiede ancora uno spazio interiore per trovare casa e poter crescere dentro.
Ci sono luoghi in cui i petardi e i fuochi artificiali sono bombe e missili e il fatto di essere in un luogo in cui si respira una pace apparente non mi autorizza a pensare che a Capodanno vale tutto e si possa fare finta di niente.
La luce della luna e delle stelle è discreta, è un tappeto luminoso che regala pensieri e desideri più vicini al centro del mio essere e a quel respiro che mi è stato donato e chiede di essere restituito.
La liturgia degli auguri e degli abbracci dati allo scoccare della mezzanotte, l’idea che qualcosa possa cambiare a prescindere dall’impegno che metto nelle cose che faccio riescono solo a farmi sentire più triste, perché conosco bene l’atmosfera disincantata e deprimente del giorno dopo.
L’anno che è già qua si vive un giorno alla volta e non c’è nulla di male a inaugurarlo con un buon bicchiere, ma di eccessi, stravaganze e tutto il resto sono decisamente saturo.
Sono contento di aver vissuto bene il tempo di Avvento, di aver celebrato con una certa convinzione e con molto impegno il Natale e dico grazie a chi mi ha aiutato a non smarrirmi tra una celebrazione e l’altra riconducendomi al cuore del mistero.
L’augurio che non pronuncio chiede più tempo, ha bisogno di maggiore approfondimento e non vuole seguire ciecamente le regole di un gioco che consuma le parole prima ancora che diventino voce. Cerco un piccolo spazio inutilizzato del presepe e continuo ad attendere: lontano dai tempi di consegna di Amazon e dall’ansia dei preparativi per l’ultimo dell’anno tutto è incredibilmente più semplice, naturale, vero.
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