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La vita è un continuo processo di malattie e di guarigioni, di ferite che diventano cicatrici e di tessuti che obbediscono a un’intelligenza misteriosa e sanno come rigenerarsi per ritrovare la salute. Non è sempre possibile fare tutto in autonomia e a volte, senza l’aiuto di chi ci passa accanto, senza la decisione coraggiosa di chi sceglie di fermarsi, potremmo tranquillamente morire in quell’angolo di strada che sa di solitudine, abbandono e indifferenza.
La salute di chi accelera il passo o cambia strada è solo apparente: quanto è profonda la tua malattia se scegli di non guardare in faccia alla sofferenza di un tuo simile e ti rifugi in una preghiera vuota che affida a Dio, quel che Dio ha scelto di mettere di fronte ai tuoi passi.
Quanto sei malato se i tuoi affari, le tue scadenze e i tuoi appuntamenti continuano a essere prioritari anche di fronte a un uomo malconcio e livido che non ha neanche più la forza di chiederti aiuto.
Quanto è lontana la tua salute se pensi che un uomo si possa scavalcare come un problema qualunque o se decidi di cambiare strada e di non lasciarti infastidire dall’altrui disagio.
Quanto è grande la patologia di chi si ferma per riprendere la scena e di postarla su un social per capitalizzare il dolore in termini di visualizzazioni che lasciano la spunta del “mi piace”.
La verità è che si può guarire solo insieme, è che quell’uomo aggredito dai briganti domani potresti essere tu. Se lo guardi bene, se hai cuore per mettere i tuoi occhi nei suoi, non puoi che riconoscerti e quelle ferite, quella solitudine e quella tristezza, ti appartengono.
E mentre ti curi di lui, stai guarendo un po’ anche tu, mentre decidi di metterlo al sicuro, trovi la tua sicurezza, mentre lo abbracci, puoi avvertire il gioco delle energie che si scambiano, si confondono e annullano qualsiasi spazio di divisione.
E nel momento in cui ti congedi e torni alla vita di ogni giorno, c’è più luce in ogni cosa che fai, in ogni persona che incontri e in quel Dio che hai abbracciato senza neanche saperlo.
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