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Ci si sente spogli e indifesi, in balia dell'autunno che avanza e dell'inverno che si avvicina...
Questo tempo di privazioni e di rinunce, di affetti vissuti a metà, di viaggi rimandati a chissà quando e di solitudini che costringono in frammenti d'anima e coscienza che talvolta pesano come un macigno sulla schiena...
Questo tempo che non riesce a risolversi e ci consegna al limite che non sappiamo più accettare né vivere...
Questo tempo di urla scomposte, di ragioni sull'altalena dell'entropia e di virologi che vendono via etere una quotidiana apocalisse a domicilio...
Questo tempo dovrebbe essere qualcosa di più della percezione di un'assenza che diventa un assedio.
Le ferite della potatura sanno ancora credere alla bellezza dei germogli, all'abbondanza dei frutti, alla vita che riaffiora più forte e consapevole?
E dopo la corsa ad accumulare qualsiasi cosa inutile, non è forse tempo di lasciar andare e di ritrovare le mani libere per poter scegliere e decidere con più cura quel che realmente serve e di cui abbiamo bisogno?
E se Dio concede ai rami e alle foglie di tornare alla terra non è forse per la salute e il benessere dell'albero?
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