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Dove siete finiti?
Dove ha trovato rifugio la vita?
Dove sono i miei passi e dove è finito il tempo delle chiacchiere leggere, dei sorrisi distesi e delle strette di mano?
Siamo tutti malati, lo siamo sin dal primo respiro e le nostre vite sono sempre appese a un filo.
Vogliamo garanzie, certificazioni e sicurezze.
Vogliamo fingere che i nostri giorni non siano contati e ignorare la sofferenza della porta accanto.
Chiediamo a Dio che tenga il male a distanza e lo rimproveriamo aspramente quando non risponde alle nostre aspettative.
Sono giorni preziosi quelli che stiamo vivendo, sono un appello a non isolare chi è già troppo solo e a riprendere il rapporto con le nostre solitudini.
Sono mesi per restituire un po' di verità al nostro rapporto con Dio, per chiedere a Lui la guarigione che da soli non sappiamo darci.
Un vaccino potrà restituirci un po' di tranquillità, ma saremo davvero guariti se torneremo a usare un aperitivo come un anestetico,
una tirata di polvere per essere allegri e dinamici e un sonnifero per riuscire a dormire?
Tutte le mie rughe non sono ancora sufficienti per capire che ammalarsi è parte della vita e che la vecchiaia è un fatto normale?
È facile riconoscere un uomo nel pieno dei suoi giorni, nella pelle rosea che ne racconta la salute, nel fiato che soccorre la sua corsa...
Quello che mi colpisce oggi è lo sguardo di un Gesù che riconosce l'uomo e non si lascia ingannare dalla lebbra che si porta addosso.
Perché riuscire a vedere ancora un uomo, quando la malattia lo nasconde ai nostri occhi, è medicina per chi riceve quello sguardo ed è purificazione per chi non si sottrae a quell'incontro.
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