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Sono al confine dell'angolo che mi hanno assegnato e tendo l'orecchio dove lo sguardo non può arrivare. Non ho rinunciato a esser voce di quel che provo e che sento e, oltre gli schiamazzi della folla, qualcuno parla e vorrei raggiungerlo.
Qualcuno vorrebbe ricacciarmi in gola il grido e continua a intimarmi il silenzio, perché il maestro non va disturbato.
Non gli do retta e penso che la soluzione sia urlare più forte e ho ben ragione di pensare che sia così.
Ho l'impressione che il suo sguardo mi veda e non si limiti a registrarmi come un ostacolo o un sasso d'inciampo.
Ora il suo sguardo mi ascolta e nell'incredulità della folla desidera incontrarmi.
Sono abbastanza schietto per non menare il can per l'aia con parole inutili e rispondo con sincerità alla domanda che mi viene rivolta.
Desidero vedere, desidero sapere e desidero abbandonare il mio angolo e riprendere in mano la mia vita.
Lo sguardo che mi vede riapre il mio orizzonte e le ombre diventano immagini comprensibili.
Lo sguardo che mi vede afferma molto di più e mi ricorda che la mia fede ha provocato il miracolo.
Se resti nell'angolo, se ti lasci distruggere dagli sguardi che si limitano ad attraversarti, la tua situazione non si sposterà di un solo centimetro.
La fede a volte si può sussurrare, in altri casi deve avere il coraggio di urlare con decisione e coraggio.
E se ti dicono di restare nell'angolo e di non disturbare, tu grida più forte e quello sguardo ti saprà ascoltare.
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