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Non è così intonata la voce del coro che chiede giustizia, ma desidera violenza.
Il male compiuto dagli altri, soprattutto quando occupa la finestra di un computer o le pagine di un social è un buon anestetico per dimenticare quello che abbiamo compiuto noi.
Il debito del fratello, quando ha più zeri conclusivi del nostro, ci porta a considerare un'inezia quello che resta comunque il credito che qualcuno non ha potuto riscuotere.
Per prendere coscienza dei propri limiti, la folla non è mai un luogo favorevole; meglio sarebbe cercare rifugio nel silenzio e nella solitudine che possono restituirci un margine di verità interiore.
Quando abbandoni la logica del confronto con gli altri e provi a misurarti con la presenza di Dio, le cose cambiano radicalmente.
Se lasci fuori dalla porta il peccato degli altri, ti accorgi di quanto possa essere pesante il tuo fardello e quel perdono che hai rifiutato di concedere è un macigno pesante.
Se poi, porti alla luce le tante occasioni in cui hai ricevuto una parola di perdono e riconciliazione...
Il coro può mentire, giustificare se stesso con parametri che si allentano o si restringono a seconda della propria convenienza.
Il coro può chiamare giustizia quel che da soli risulterebbe vendetta.
Il coro può condannare e ignorare le tante responsabilità della propria tranquilla indifferenza.
La luce di un nuovo giorno che ci sorprende con Dio come unico interlocutore, rende ragione di quel settanta volte sette che le voci degli altri, troppo spesso, rendono del tutto incomprensibile.
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