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La chiamano distanza sociale e non mi piace neanche un po'.
Preferirei "distanza di sicurezza", così, per mettere in chiaro che si tratta di una misura provvisoria legata a un agente patogeno e non a un graduale allontanamento tra le persone.
Qual è l'orizzonte della nuova normalità?
Una nonna che manda cuoricini via whatsapp per evitare l'ipotesi di un altro virus o di un qualunque raffreddore?
Una coppia d'innamorati che cena con un divisorio in plexiglass?
Una pizza tra amici in videochat?
E se gli affetti più cari hanno bisogno di un metro, quante centinaia di metri dovranno distanziare ricchi e poveri?
La poesia del"io resto a casa" mi sta bene sino a quando c'è un reale pericolo e la scelta è quella di tutelare l'altro, ma ho bisogno di credere che passerà questa buriana e torneremo ad affrontare la vita senza ulteriori steccati e muri.
Sembra che l'unica ipotesi di malattia e di morte appartenga al coronavirus, che non esistano più gli incidenti stradali, i tumori, le malattie respiratorie causate dall'inquinamento.
Sembra che l'eccesso di zuccheri non causi più il diabete, che un cuore qualunque non possa fermarsi per un motivo differente da questo virus.
La narrazione quotidiana dei palinsesti televisivi sta diffondendo tanta di quella paura e con l'ansia si può vendere qualunque cosa.
Anche gli spot pubblicitari parlano la stessa lingua e dove c'è barilla non c'è più casa, ma una prigione.
Se quella stessa tecnologia che oggi accorcia le distanze e mi permette di raggiungervi, dovesse accompagnarci a simulare la vita anziché aiutarci a viverla, allora, qualche dubbio è lecito.
Non sono un cospirazionista, ma un essere umano che pensa alla propria salute psichica e quando vede ex manager di grosse imprese alla guida della ricostruzione, si chiede se un popolo sia solo un'altra azienda.
E se domani dovessi raccontare un dio che smette di farsi uomo e diventa totalmente asettico, non avrei problemi nel considerare seriamente un altrove in cui ricominciare da un abbraccio.
Forse sono solo pensieri che appartengono alla fatica di affrontare questo momento, forse alcune domande hanno bisogno di trovare una risposta.
Osservo e osserverò la distanza di sicurezza sino a quando sarà necessario. Quando usciremo da questa parentesi, tornerò a comunicare con il mio corpo e con il limite della carne che indosso: non conosco né voglio conoscere una ripresa che affidi a un'emoticon quel che più non sa dire con le proprie braccia.
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