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A volte è sufficiente una mano, il semplice tocco delle dita, la volontà di essere accanto per aiutare un essere umano a rialzarsi e per restituirlo alla gioia di servire. Non abbiamo ancora capito quanto sia importante ridurre le distanze e ignoriamo che per guarire è necessario qualcuno che sappia prenderti per mano.
Le parole sono importanti: quelle che pensiamo e a cui prestiamo voce, quelle che scriviamo nel cuore di una notte e non vedono l’ora di esser lette da un familiare o da un amico. Le parole sono importanti, ma non bastano, non sempre. Sentire una parola nel calore di una mano è qualcosa di più forte e vero; è vita che comunica in una lingua priva di suoni e riconosce i tratti di un volto che la malattia ha cercato di nascondere.
Prendere per mano è una scelta, un atto della volontà, una decisione di esserci con la mente, con il corpo e con l’anima.
Non è sempre possibile aiutare gli altri a ritrovare la salute, ma quel distacco che produce solitudine è una pena che aggiungiamo al peso della malattia.
La giornata a Cafarnao è ancora una volta lieto annuncio di guarigione, buona novella che riconduce alla salute e Vangelo che restituisce libertà dove c’è oppressione nel corpo o nello spirito.
Prendere per mano e lasciarci prendere per mano da un Dio che si è fatto uomo e ci rivela che anche il nostro corpo è strumento di guarigione e di salvezza.
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