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Quanto siamo distanti dalle nostre parole. A volte le pronunciamo con una superficialità disarmante e le ascoltiamo come un suono piacevole, come un contenuto elegante che resta seduto comodamente in poltrona senza il minimo desiderio di produrre un fatto che abbia un minimo di corrispondenza con quello che è stato detto.
Non siamo sempre disponibili a riconoscere la dissonanza di una promessa ben lontana dal desiderio e dalla volontà di essere mantenuta. Si evita quel conflitto che ci abita dentro con un semplice sì, offrendo una risposta che chiuda il discorso e ci permetta di prendere tempo e di allontanarci da un impegno noioso o da una fastidiosa responsabilità.
C’è anche chi ha il coraggio di dire no e lo fa con una certa chiarezza, sentendosi a posto, perché non ha illuso nessuno, ma senza chiedersi minimamente se quel rifiuto sia davvero onesto e giusto. Il conflitto si può evitare ricorrendo a una coerenza tanto facile quanto iniqua.
Chi agisce secondo coscienza si lascia scappare più di una negazione: è umano agire d’impulso e in alcuni casi, rispondere senza averci pensato più di tanto. La differenza è in quel pensiero che arriva con un po’ di ritardo, ma è ancora puntuale per rimettere in discussione la propria decisione.
Quel pensiero che accetta il conflitto e inizia a chiedersi se sia giusto o sbagliato aver liquidato così in fretta la questione.
Quel pensiero che muta la verità di una parola e si definisce in un’azione che parla più di quanto sappiano fare le nostre parole.
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