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Siamo politicamente corretti con le nostre quote rosa e l’otto marzo in salsa di mimosa: che cosa potrà mai insegnarci una pagina che ha più di due millenni di storia?
In fondo è solo un uomo che entra in dialogo con una donna straniera e noi non siamo di certo razzisti…
Un religioso che parla di Dio con una donna con un vissuto travagliato e sofferto e noi non concediamo una virgola al pettegolezzo tendenzioso o al prurito di uno scoop scandalistico…
Un maestro capace di ascoltare e di portare alla luce la realtà di una sete più profonda, di un desiderio che abita l’intimo e di una vita ancora in cerca d’autore.
In fondo, lo facciamo tutti i giorni o mi sbaglio?
Quanto devi essere libero per sconvolgere le etichette del tuo tempo, per accettare di essere chiacchierato dai tuoi stessi discepoli e per considerare l’intelligenza, l’affettività e l’umanità di un interlocutore considerato inadeguato e inopportuno dai più?
Se ci limitiamo a rispondere gli appelli che le regole e il costume del tempo prevedono saremo sempre in grande compagnia, ma quanti appelli resteranno inascoltati.
E quando le luci si spengono e il quadretto non è più illuminato, quando non ci sono telecamere a vista, si può continuare a dire alla propria compagna che non capisce niente, alla propria dipendente che non è il caso di programmare una maternità o alla passante clandestina, di tornare al proprio paese.
Si può lasciare andare un ceffone perché lei lo ha meritato, minacciarla nel caso debba andare in ospedale e tutto il resto.
No, non è sufficiente il rispetto della forma e l’apparente tutela dei diritti.
Un maestro che s’intrattiene accanto a un pozzo con una donna samaritana è una profezia per il tempo presente, è una sfida che non abbiamo ancora superato è un pozzo che rischia di essere tanto bello quanto vuoto.
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