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La resilienza, se mai lo è stata, non è più una virtù.
L’impero pagano è pronto a rincorrere il dolcetto o lo scherzetto e ha sostituito la liturgia dei Santi con un carnevale a tinte scure che si concentra sulla notte del 31 ottobre e mette in scena un gioco di streghe, demoni e folletti di varia provenienza. Le culture si cancellano per restituirci al vuoto di una vita in cui la tradizione e la fede si possono svendere tranquillamente come saldi di fine stagione.
L’attacco al Natale è in atto, trova ancora una tiepida opposizione, ma se perdura ancora un po’ il sonno dei credenti non è poi così lontano il giorno in cui diventerà la festa dell’Inverno.
Il calendario è preso d’assalto e un giorno dopo l’altro i santi lasceranno il posto a giornate per difendere o diffondere questo e quello.
C’è chi sta già ridendo di chi si ostina a ritrovarsi per pregare per i propri defunti con la corona di un rosario in mano e fatica a comprendere la differenza tra le castagne e i marshmallow: se azzeri il contatore delle storie che ti hanno preceduto è più che comprensibile.
Che effetto possano avere la pagina dell’Apocalisse o quella delle Beatitudini in chi ha celebrato una notte pagana senza avvertire un minimo di contraddizione è difficile da immaginare.
Si può scegliere di fingere che tutto stia andando bene, del resto ci stiamo abituando gradualmente, o decidere di riappropriarsi di valori che non sono commerciabili e non possono più restare isolati nel silenzio delle scelte personali.
Il rispetto umano che tace la propria fede per evitare qualsiasi conflitto non mi sembra una strategia adeguata se il desiderio è quello di raggiungere la santità alla quale ogni credente è chiamato.
Non ho più alcuna intenzione di mescolare il carnevale con la celebrazione dei Santi e non ho paura di passare per reazionario o per fondamentalista.
Conservo un vecchio calendario e ringrazio Dio per le molteplici manifestazioni del Suo amore in chi è riuscito a incarnare appieno la misura della propria santità.
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