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Chissà se il più grande tra gli alberi ha memoria di essere stato solo un piccolo seme e se il volo di una farfalla ricorda i giorni in cui poteva solo strisciare...
Le creature più piccole si affidano spontaneamente, accettano quel lento processo di trasformazione e sanno di avere tutto quel che serve per rispondere pienamente all’appello di una vita che desidera realizzarsi al meglio.
Per noi esseri umani è un po’ differente: iniziamo presto a pensare che ci manchi qualcosa e chiediamo di più, anche quando non stiamo utilizzando quello che abbiamo ricevuto.
Mettiamo a confronto il seme ricevuto e immaginiamo che con le risorse del nostro vicino, allora sì che potremmo davvero realizzare qualcosa di grande.
Chiediamo una fede più grande e trascuriamo il potenziale di quella che abbiamo ricevuto, vogliamo quantificare e dare un peso, una consistenza materiale, anche all’anima.
Coccoliamo nella mente una felice intuizione, lo facciamo per un tempo assai breve, poi subentra la paura dell’opinione degli altri e il timore di essere lasciati da soli.
Se avessimo più fede, se ci fosse più coraggio, se i tempi fossero maturi, se il contesto favorisse quello slancio…
Credere che in quel seme ci sia tutto quello che serve, accettare di camminare in compagnia delle proprie incertezze, ignorare le previsioni del tempo e provare con un umiltà a essere un seme per oggi e non per domani.
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