Alzarsi velocemente, una doccia e un caffè, il giornale in edicola, il lavoro, il pranzo, due negozi, altre commissioni, qualche incontro, rientrare a casa, la televisione, un libro e tutto il resto: in un attimo è di nuovo notte…
La linea orizzontale può anche arricchirsi di un po’ di tempo da dedicare agli altri, di un servizio prestato al prossimo, di rapporti familiari e di amicizie, ma non basta, non può essere sufficiente.
Per quanto il mondo cerchi di soddisfare le mie esigenze prima ancora che io sappia di che cosa ho bisogno, resto in attesa e, senza quella percezione di un di più che deve venire, ho la netta impressione di essermi solo agitato senza troppe ragioni.
Un giorno privo di silenzio ha il sapore di una pagina scritta senza un margine d’anima…
Un giorno che non ha saputo contemplare la bellezza delle cose e delle persone che ho incontrato lascia una strana sensazione di vuoto…
Un giorno risolto rispondendo alle esigenze della nuda sopravvivenza, è tempo che si è consumato lasciandomi in balia dell’ansia e di un velo di tristezza.
Non saprei vivere senza una linea verticale, lontano dalle domande sulla vita e al senso di questo morire un giorno alla volta.
Vorrei essere pronto quel giorno: potrà essere tra cinque minuti o vent’anni, ma è certo che dovrò fare i conti con me stesso e con Dio.
Amo questo tempo di Avvento con la sua liturgia che educa all’attesa, alla vigilanza, al camminare incontro a una Parola che non smette di farsi carne della nostra stessa umanità.
Amo il sogno di un mondo dove l’interiorità può prendere il telecomando dei miei giorni e restituirmi a una storia che apre il proprio sguardo all’invisibile, alle cose che non si possono toccare e alle parole che solo Dio può ascoltare.
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