Dopo l'ultima notte, quella che abbiamo appena vissuto e, almeno in parte stiamo ancora vivendo...
Dopo le chiese chiuse, lontane dall'ipotesi di qualsiasi celebrazione, anche dall'ultimo saluto alle persone più care...
Dopo le domeniche che hanno imprigionato l'Eucaristia in uno schermo freddo e distante...
Dopo aver dato a lungo per scontato che una messa, se non è questa domenica sarà la prossima...
Dopo aver pensato a lungo a quel corpo di Cristo che reclamava attenzione altrove: nel povero, nel malato, nel sofferente e in tutti gli ultimi in cui non ha mai smesso di rivelarsi...
Dopo le mascherine, i guanti, l'uso rituale dei gel disinfettanti e quella fatica nel restare umani mentre celebri la comunione in un ambiente sterile e asettico...
Dopo deve ancora venire e, se la liturgia Eucaristica ci restituisce fiducia e coraggio, non è così lontano come potrebbe sembrare.
Perché c'è sempre un dopo per chi abbraccia il momento presente e non rinuncia ad accogliere, ascoltare, capire, riconoscere il proprio limite, offrire, riconciliare, comunicare, servire e tutti gli altri verbi che dicono l'Eucaristia nella vita.
Quel "corpo di Cristo" non appartiene solo all'altare e se abbiamo tentato di ritrovarlo nel dolore e nella fatica dei fratelli, dopo l'ultima notte, è già giorno.
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