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Se dai voce alla paura, presto diventerà ansia e poco dopo, angoscia.
Se le tue possibilità di movimento vengono limitate, il desiderio di andare altrove resta confinato in uno spazio che può diventare una prigione.
Se consideri i divieti e gli stop di questi giorni in termini di privazione, la solitudine rischia di assumere i termini dell'isolamento.
Se metti in moto un altro modo di pensare, allora, potresti tentare di ribaltare la situazione e iniziare a chiederti, se per caso, non esista un'altra faccia della medaglia che permetta di ritrovare uno sguardo positivo.
Le rassicurazioni che fatichi a trovare nei titoli dei quotidiani, possono essere dentro di te; in questa solitudine forzata che può scegliere tempi da concedere al proprio mondo interiore.
Rientrare in se stessi, abbracciare la propria fragilità, considerare quella di chi ti sta accanto è già trovare una parola di comprensione per sostituire ogni facile giudizio.
Frequentare i luoghi più intimi della nostra fede, riscoprire una preghiera per colmare il silenzio, fare spazio a quel Dio che invita ognuno di noi a non temere.
Trasfigurare la nostra realtà con la mente più lucida e un cuore che riscaldi l'inverno da cui presto usciremo, con maggiore consapevolezza del dono di una giornata di sole.
A volte la quiete è un dono che viene dall'alto, altre volte è la scelta di attraversare le proprie paure continuando a credere in un oltre.
Ci sono tante voci che abitano la quiete, respiri che smettono di concedersi all'affanno e colori che neanche la realtà più vera saprebbe dire.
Torneranno gli abbracci e le strette di mano, torneranno i volti dopo le mascherine e tornerà un sorriso più disteso e leggero.
Resto in attesa, ma sento che anche in questi giorni difficili c'è qualcosa da apprendere e da imparare.
Penso con affetto alle tante persone a cui voglio bene, a quelle che in questo momento fanno i conti con la sofferenza e dalla montagna in cui mi visualizzo, prego e chiedo per loro una voce dalla quiete.
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