Un cuore che si arrende, un respiro che tace e un corpo che rimane immobile…
La morte, almeno apparentemente, ha sempre l’ultima parola e chiunque abbia fatto i conti con perdite dolorose, anche un uomo di fede, cerca rifugio in una solitudine che desidera sapere qualcosa di più.
I ricordi che talvolta sono una carezza e in altri momenti diventano una frustata, le immagini che riproducono gli ultimi giorni e che conducono al medesimo epilogo, la sensibilità che si acuisce e interpreta la realtà di ogni giorno cercando disperatamente un segno qualunque.
Frequentiamo luoghi che raccontano la morte, ma desideriamo, anche senza saperlo, che stiamo cercando ancora la vita.
Come i discepoli, come le donne al mattino di Pasqua, stiamo inseguendo la vita e speriamo di raggiungerla o di lasciarci sorprendere dal miracolo di una voce inaspettata.
Chi ama la vita vuole vederla ancora e avverte dentro di sé la necessità di credere che si sia solo nascosta per un lungo attimo e che da qualche parte, sia ancora.
Chi ha vissuto l’esperienza del Risorto ha potuto vedere perché ha creduto. Senza fede, Maria di Magdala avrebbe solo visto un giardiniere e i discepoli si sarebbero chiesti per tutta la vita chi avesse portato via il corpo di Gesù.
Senza fede, chi camminava verso Emmaus, avrebbe proseguito il proprio cammino e ignorato il senso di quel pane spezzato.
Senza fede, anche noi, in tante circostanze, avremmo lasciato che la morte chiudesse ogni discorso e non saremmo ancora qui a chiamare in causa la Vita.
Credere nella Risurrezione di Gesù è continuare a pronunciare un nome con la convinzione di poter essere ancora ascoltati, è apprendere l’arte di vedere, di sentire, di toccare, di annusare e di gustare oltre il limite dei nostri sensi.
Chiamala Vita e attendi pazientemente il suo ritorno.
Buona Pasqua!
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