Uno vale uno, ma io sono più uno di te, quindi fammi il piacere di scansarti e di lasciarmi passare davanti.
Uno vale uno, ma davanti al tuo cognome non c’è nessun titolo e quella poltrona, fattene una ragione, mi appartiene.
Uno vale uno, ma guarda come sei vestito; se vuoi competere vai almeno a cambiarti.
Uno vale uno, ma io ho il biglietto e tu ne sei sprovvisto e non puoi entrare.
Uno vale uno, ma io li conosco e sono miei amici e tu sei un perfetto sconosciuto.
Uno vale uno, ma rispettiamo i ruoli: io sono io e tu non sei niente.
Continuate a spingere, fate lo sgambetto a tempo opportuno, saltate la coda, prendete la scorciatoia ed esibite orgogliosamente il biglietto vincente.
E poi, finalmente, arriva un Dio che vede le differenze e può rispedire la presunzione e la vanità al mittente.
E poi, almeno dall’alto, qualcuno può leggere l’esatto valore e la cifra autentica di una vita che non può più nascondersi dietro una bella facciata, un involucro dorato che raccoglie il nulla evanescente.
Si può fingere e simulare per una vita intera, ma di fronte a una malattia o all’ultimo respiro, la verità di quel che siamo appare chiaramente e il circo rivela se hai scelto di esibirti o se hai provato a vivere veramente.
Il tempo che abbiamo davanti è ancora utile per abbandonare la giostra di quelli che contano e per accorciare la distanza che ci separa dagli ultimi.
Uno vale uno, ma chi è più piccolo, più debole e più povero rivela il volto sofferente di chi vale molto di più.
Uno, domani, potrà davvero valere uno, ma in questo momento, quanto è importante scegliere di essere differente per evitare che qualcuno valga molto meno.
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