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C'è la Babele dei tempi andati, quella che si alza a inizio pagina e in una manciata di righe è già andata giù.
C'è la Babele di troppe storie, di una lingua che improvvisamente decide di annientare le parole degli altri; è tutto più semplice e immediato se l'unica lingua possibile è la nostra o la mia.
C'è la Babele di chi può raccontarsi migliore, perché ha vinto una guerra e la narrazione degli eventi spetta sempre ai vincitori.
C'è la Babele dei nostri giorni, quella che moltiplica i canali televisivi per ripetere sempre le stesse cose.
La Babele dei colossi finanziari che annienta il piccolo imprenditore e ti costringe in un furgone o su un motorino, a correre come un folle per guadagnarti il prossimo mattino.
La Babele dei telefoni in tasca che neanche parlano più: digitano, fotografano si autoritraggono, così, per non pensarci su.
La Babele dei social e dei "mi piace"per ricordarti che esisti.
La Babele dei farmaci, degli ansiolitici per provare a soffrire un po' meno, per dormire senza troppi sogni e per mettere a tacere gli incubi.
La Babele dei partiti politici che cambiano sigle e immagini in continuazione più per esigenze di marketing che per reale convinzione.
La Babele che innalza le proprie torri e per puerile arroganza e superbia adolescenziale, non perde l'abitudine di volersi sostituire a Dio.
E poi, puntualmente, arriva un soffio dall'alto e crolla il misero castello di carte, restituendo agli uomini la propria voce.
Lo Spirito è una dolce incognita, un vento inaspettato che sorprende ogni monologo, una Parola differente che ci restituisce la gioia di provare a comprendere quello che dicono gli altri.
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