Dal corridoio alla piazza |
Sono talmente "giusto" e posso concedermi il lusso del giudizio inappellabile.
Se la legge non fosse così miope, potrei anche provvedere con veloci e spedite condanne e mi prenderei anche l'onere di eseguirle personalmente.
Basterebbe leggere i miei commenti su Facebook, le analisi precise e puntuali concesse a Instagram o le perfette sintesi dei miei tweet, per capire la bontà delle mie correzioni che dai corridoi raggiungono le piazze.
Sono pronto a intervenire per drizzare a dovere il mio fratello, per raccontare a tutti quello che non ho il coraggio di dirgli. Non è colpa mia se ha un caratteraccio e non sa accogliere la profondità delle mie critiche.
Quando non basta la mia voce, mi viene incontro l'amplificatore dei social: non sia mai che qualcuno possa privarsi del mio giudizio.
Certo, il Vangelo suggerirebbe altre strade e un occhio che non sia occluso da una trave, prima di andare a fare le pulizie a casa degli altri, ma è più semplice e sbrigativo il mio modo di correggere.
Se provo a leggerlo con più attenzione, corro il rischio di prendere coscienza dei miei limiti e di non trovare più il tempo per dare consigli a terzi.
Così, in attesa della fraternità, mi accontento di correggere.
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