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Non è che si taccia più di tanto il disprezzo per la vita e se ancora ne conservi l’antico affetto, sembra che farne parola sia già un fastidioso e inopportuno eccesso.
Le vite degli altri sono sempre in sovrannumero e i venti di guerra sono guardati con un certo favore dalla maggior parte degli intellettuali di questo tempo, perché a combatterle sono frammenti di video più o meno veri, immagini che raccolgono attenzioni e like di cortesia o bandierine che sono passate dalla scatola del Risiko al mondo dei social o dei telegiornali.
L’aborto viene rivendicato come un diritto assoluto e non può essere neanche discusso, neanche quando diventa un contraccettivo come un altro. Si urlano le ideologie del momento e non c’è alcun confronto; lo scontro è sempre inevitabile in questo mondo dove il cattivo è ben delineato e il buono non può che essere dalla nostra parte.
Dare la vita per qualcun altro, nella migliore delle ipotesi è sintomo di irrecuperabile stupidità o d’invincibile ignoranza.
Vorremmo salvare la terra disabitandola il più possibile, rinunciando a coltivarla, trasformando i vigneti in distese di pannelli solari o sostituendo le auto a benzina con quelle elettriche, possibilmente senza rinunciare a nulla, perché saranno sempre e solo gli altri gli inutili consumatori che affliggono il pianeta.
In un mondo di lupi che non conoscono sazietà, affidarsi a chiunque prometta quello che non può dare è scegliere di mordere là dove è necessaria una carezza e di ululare disperatamente a una luna che non può rispondere.
Dare la vita, custodirla e proteggerla chiede una fede differente da quella più diffusa, chiede di credere che l’arco dei nostri giorni sia qualcosa di più di una serie di eventi che nascono e muoiono senza alcun motivo e ragione.
Se credi che la vita ti possa essere restituita, se al centro dei tuoi pensieri e delle tue intenzioni c’è ancora spazio per un Dio che non sia solo un simulacro vuoto, puoi trovare anche il coraggio di lasciar andare, di non trattenere e di spendere a un’altra profondità il tuo respiro.
Il pastore buono è un essere umano che ha realmente a cuore le vite degli altri e non può ragionare con i criteri di un’economia che considera i propri utili e non guarda in faccia alla realtà di chi ne paga i costi.
Il pastore buono ama la vita e la dona senza misura, con la consapevolezza che tutto quello che sembra perduto verrà restituito e sarà ancora una volta respiro.
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