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Tutte queste mani, sempre pronte a raccogliere e assenti quando è tempo di seminare.
Queste mani che si agitano nel salutare, leste a sottrarre e rapide nei movimenti se c’è una mezza occasione per potersi lamentare.
Mani disinfettate in continuazione per proteggersi dalla terra o dalla polvere, un po’ meno schizzinose quando mescolano il contante o incassano un assegno.
Mani giunte se il momento chiede una preghiera e drammaticamente strette, subito dopo, per trattenere quel che chiederebbe di essere condiviso.
Mani ammalate e stai sereno che non è vaiolo, è semplice avarizia e non sarà un farmaco a restituire loro la salute.
Mani obbedienti che basta l’ordine giusto e sono pronte a sparare, mani con il chip giusto per concludere positivamente la prossima transazione.
Tutte queste mani che sanno fare di tutto e portano il pane alla bocca senza neanche ringraziare.
Mani che dimenticano il sacrificio o lo confondono con i rituali della borsa.
Mani di troppo sapone e poco sudore, mani che digitano senza più il tempo di pensare, mani che non sanno colmare più la distanza delle lingue.
Mani che hanno bisogno di offrire per ritrovare il sapore perduto dell’alfabeto dell’anima.
Mani che hanno il desiderio di stringersi e di rinnovare l’antico piacere di potersi ritrovare.
Mani che quando vogliono, sanno leggere la verità di un pane.
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