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Hai mai cambiato una lampadina?
Ti sei mai sporcato le mani con un pannolino?
Chi ha lavato i piatti che erano nel lavandino?
La liturgia che celebri sa indossare un grembiule con la stessa disinvoltura che ti veste con un camice, una stola e una casula?
Sai scegliere la parte di chi è più debole o ti circondi di spalle larghe per continuare a imporre la legge del più forte?
Hai il coraggio di chinarti realmente verso il povero o ti accontenti di simulare il lavaggio dei suoi piedi una volta all’anno?
Riesci a guardare un essere umano senza dover ricorrere a titoli onorifici o dispregiativi? Ti è sufficiente il suo nome?
Perché è difficile essere in comunione se hai sempre bisogno di essere più in alto o più in basso di qualcuno.
La carità non si nutre di finzioni, di gesti occasionali o di parole vuote che si accontentano di suonare piacevolmente sulla lingua.
Se il Figlio di Dio sceglie di manifestare la sua statura chinandosi verso i suoi discepoli, chi siamo noi, nel momento in cui restiamo in piedi per dimostrare quanto siamo alti?
La verità di chi serve non teme la curva della propria schiena.
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