27/4/09, 12:37

C'è un' America che si racconta rinunciando al contrasto elementare del bianco col nero, un'America che parla di se stessa senza distinguere buoni e cattivi e sceglie di concedersi l'ambiguità mutevole dei grigi. Crash, serie televisiva tratta dall'omonimo film di Paul Haggis, porta il cinema sul piccolo schermo e mette insieme frammenti di storie che si sfiorano, si accarezzano e si scontrano, senza riuscire a dire sino in fondo quel desiderio di contatto che ogni uomo si porta dentro. Lo stesso Haggis, dietro le quinte, sviluppa un racconto che diventa più amaro e acido del film originale. Dennis Hopper abbandonata definitivamente la motocicletta di Easy Ryder, viaggia in compagnia di mille pasticche e di altrettante nevrosi che incarna perfettamente nei panni di un produttore discografico sul viale del tramonto. C'è la polizia e ci sono i poliziotti di una Los Angeles che a tratti sembra ricordare la Gotham city di Bruce Wayne. Le debolezze e le fragilità umane vanno in scena e rinunciano a nutrire in qualunque modo quel che sopravvive del sogno Americano.
Analogo discorso, ma ricondotto tra le mura domestiche, è "United States of Tara", una serie televisiva che sta alla vecchia "Casa nella prateria" come Collodi ad Ammaniti.
Tara è una madre di famiglia in cui coesistono oltre a se stessa, un'adolescente priva di controllo, un camionista grezzo, una donna nevroticamente perfetta e un animale che segna il proprio territorio. Tara è un pretesto per raccontare alcuni personaggi di un'America alla ricerca di una via d'uscita da un malessere che diventa sempre più insostenibile. Da un lato la sua sofferenza di donna affetta da personalità multipla che muta se stessa per rispondere a ogni conflitto, dall'altro una disfunzionalità familiare che diventa icona della disfunzionalità di un intero paese.
Dopo la saga dei Fisher In "Six Feet Under" e la necessità di raccontare la morte per tornare a parlare di vita, ecco due serie che raccontano la velocità di una vita che vuole ritrovare il tempo del contatto e la volontà di ascoltare le voci che ci portiamo dentro per riscoprire come essere se stessi fuori.
Il tutto avviene con la sincerità disarmante di chi mette in scena la vita senza sentire il bisogno di censurare quel che risulta sconveniente.
E' ancora televisione? No, è cinema allo stato puro.
