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Fuori dal mucchio 
martedì, 14 ottobre, 2014, 08:17


Non amo parlare con chi sente il bisogno di twittare quel che ci siamo detti e detesto cordialmente chi scatta fotografie in un centro commerciale per depositare immagini nel giardino artificiale dei "mi piace".
Se intendi taggarmi, stai a distanza di sicurezza, perchè potrei anche morderti senza un'apparente ragione.
Tra un "copia e incolla" e l'altro, un celebre aforisma di Camus è diventato prima di Ungaretti e poi di Ciro Esposito, mentre una "bufala" sui nomadi è diventata stanziale tra le news di un blogger d'assalto che non ha nome e cognome.
Non riesco ad addentarmi le chiappe da solo e non parteciperò alle selezioni del prossimo talent che riproduce la vecchia "Corrida" come se fosse chissà quale novità.
Scusami se sono maleducato e sto spegnendo il telefonino mentre mi appresto a pranzare o prima di entrare al cinema.
Sarò anche tagliato fuori dalla lista dei preti locali, ma non intendo scaricare whatsapp per sentirmi tecnologico e al passo coi tempi.
Non ho più paura di restare fuori dal mucchio.
Non ho più tempo da perdere con chi simula la realtà e coltiva pomodori virtuali sullo schermo di un tablet.
Leggo un vecchio libro di carta e se ha pagine sbiadite, se appare logoro perché è consumato da troppe mani, tanto meglio.

Microchip sulla pelle... 
lunedì, 13 ottobre, 2014, 09:31


Ogni tanto, il cospirazionista di turno, torna a segnalare il pericolo di un microchip sottocutaneo che i poteri forti vorrebbero inserire sotto la nostra pelle per poterci controllare...
Per quale motivo dovrebbero ricorrere a una stratagemma così stupido, quando la gente è già sufficientemente controllabile con un banalissimo smarthphone o con un orologio che siamo più che disponibili a pagare di tasca nostra?
Lettore d'impronte, situazione sanitaria, transazioni economiche, geolocalizzazioni: non c'è alcun bisogno d'imporre nulla, basta creare un oggettino gradevole e il gioco è fatto.
Il grande fratello sa già tutto quello che vuole sapere e almeno per il momento dorme sonni tranquilli con buona pace di David Icke e di tutti gli altri.

Chiedi, cerca, bussa 
venerdì, 10 ottobre, 2014, 08:27


Chiedere non è tendere la mano, non è attendere che, improvvisamente, come per miracolo, qualcuno possa colmare uno dei tanti vuoti della mente o del cuore.
Chiedere è un viaggio interiore, un percorso che conduce l'uomo al centro del proprio sé, un desiderio di chiarezza e di luce per mettere ordine alla confusione che determina inutili azioni e reazioni.
Chiedere è sedersi con calma e prendere coscienza di ciò che realmente è essenziale al nostro benessere.
Chiedere è attendere che l'Ospite dell'anima prenda la parola per suggerire la direzione da prendere, l'orizzonte che merita i passi del nostro cammino.
E quando risulta chiaro un percorso, non è detto che si possa andare a colpo sicuro: abbiamo capito dove è opportuno cercare, ma la fatica e la difficoltà di raggiungere il nostro obiettivo è ancora tutta da esplorare.
Quando lo sguardo non coglie in tempi brevi l'oggetto della propria ricerca, allora è facile abbandonare e ripiegare sulla facile gratificazione di uno dei tanti desideri "usa e getta" che quotidianamente ci vengono suggeriti.
Può capitare, anzi capita spesso, che dopo aver trovato, risulti necessario bussare a una delle tante porte di questo mondo per poter chiudere il cerchio...
Bussare a una porta non significa sfondarla; l'impazienza di questo tempo rivendica spesso con le urla quel che andrebbe chiesto sussurrando.
Bussare a una porta, sedersi quieti sull'uscio e attendere una risposta: quando si è arrivati a destinazione e si è consapevoli di aver fatto tutto quello che dipendeva da noi, Qualcuno, forse con una certa lentezza, prima o poi risponderà.

Via... 
giovedì, 9 ottobre, 2014, 08:30


Le porte si possono lasciare aperte in estate, ma è buona cosa chiuderle prima che arrivi l'inverno.
Qualcuno è arrivato e qualcuno è andato via; non posso pesare il mio passato con la bilancia del presente e non ha senso restare prigionieri di un'idea ormai incapace di dialogare coi propri giorni.
Le parole sanno trasformare in tragedie anche le cose più piccole del mondo reale, ma se provi a interrogarti sull'esatto contenuto dei termini e ti allontani da ortografia, grammatica e sintassi, a volte quel che resta è proprio niente.
Se le sbarre di una prigione sono ferro e acciaio, la reclusione è un obbligo, la pena devi scontarla sino in fondo...
Se l'ostacolo che si frappone tra sé stessi e la libertà è solo finzione letteraria, allora, basta prescriversi a matita un'ora d'aria e tutto si dissolve.
E' sempre così necessario capire?
Quando comprendere è inutile dispendio d'energie, è più salutare voltare pagina, concedersi un anacoluto o i punti di sospensione e procedere altrove.
Buongiorno vita!

Il custode disoccupato 
giovedì, 2 ottobre, 2014, 18:13


Ricordi quelle luci che rapivano la tua attenzione e ti facevano sorridere?
Quando le braccia stanche di tua madre ti riponevano nella culla e accorrevo al tuo pianto per ricordarti che non eri solo?
Ricordi quando e come hai smesso di percepire la mia presenza?
Le parole di chi metteva a tacere la tua immaginazione per timore che la realtà diventasse infinitamente più grande di quello che puoi vedere e toccare?
Hai continuato a chiamarmi nelle notti difficili, quando la paura t'incollava le labbra e ti svegliavi madido di sudore e con la strana impressione di essere paralizzato. C'ero anche in quelle notti, ma non potevi più sentirmi: ti avevano chiuso l'orecchio interiore e i tuoi occhi terrorizzati, rifiutavano di vedermi.
Ho provato a suggerirti il coraggio quando un esame ti sembrava oltre le tue forze e a scandirti una parola di perdono mentre innalzavi quel muro.
Ero presente mentre affrontavi il tuo dolore più grande, mi dibattevo nell'aria perché il tuo sguardo si alzasse e dopo aver toccato la morte, tornasse a credere alla vita.
Potrei narrarti con precisione la gioia di quel bacio al crepuscolo, quando il tuo sguardo puntava dritto sulle onde e non riuscivi a distinguerti dal mare.
Sono ancora qui, sempre meno occupato e ormai lontano dai tuoi pensieri, ma sono qui e ti accompagnerò sino alla fine.
Ti hanno raccontato che quel bambino doveva morire per lasciar crescere l'adulto, ma quando invecchierai avrai nostalgia di quella prima luce e, forse, sceglierai di aprire gli occhi e tornerai a vedermi. Qualcuno dirà che sei rimbecillito, qualcun altro osserverà con te e tenendoti la mano, proverà a sentirmi.

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