venerdì, 18 febbraio, 2011, 16:51
Sanremo canta e Roma urla, urla così forte che puoi sentirla anche in padania.
Tutti gli uomini del presidente e quelli contro: tra non molto diventerà difficile spiegarlo a quelli che cercano pane.
Quelli che quotidianamente sbarcano e quelli che sono nati in un paese raccontato come se fosse sempre Carnevale...
Noi non siamo l'Egitto e neanche la Grecia, no che non lo siamo.
Noi sappiamo sempre riprenderci, abbiamo più di un coniglio nascosto nel cappello e tra uno sbadiglio e l'altro raschiamo il barile e cerchiamo un fondo nascosto, un tesoretto qualunque, un capitale che rientra con lo scudo e, improvvisamente ripulito, torna a soggiornare in un paradiso fiscale.
Noi che non abbiamo bisogno di regole; ne scriviamo tante, ma solo per il gusto di trasgredirle una dopo l'altra e di poterci lamentare quando sono gli altri a sminuire il codice di una strada o di una vita.
Noi che la coscienza è per le anime belle e la vita è tutta un'altra cosa, noi che siamo tutti cristiani se mai ci toccano il crocifisso da un'aula, basta che resti immobile e muto sul muro in cui lo abbiamo appeso.
Noi che pensiamo al 17 marzo e ringraziamo il cielo perché capita di giovedi e, l'abbiamo scampata bella, metre qualcuno prova l'anatema "Va pensiero" ed esorcizza Mameli.
Noi che aspettiamo, non ci stanchiamo mai di aspettare e sappiamo sempre qual è il momento opportuno per abbandonare la nave prima che affondi: a dire il vero, spesso sbagliamo, ma siamo talmente buoni e pronti a riaccoglierci tutte le volte che scegliamo d'essere divisi.
Noi che non cresciamo mai e produciamo latte di pessima qualità, perché sappiamo che dovremo buttarlo via e, se il governo tiene, rimanderemo a settembre la nostra multa.
Noi, senza una notizia: diafani, impalpabili, effimeri, eterei con il vanto di avere più testate in edicola che cervelli in parlamento.
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mercoledì, 16 febbraio, 2011, 19:14
Gattuso Gennaro: peggio di Materazzi!
La fascia di capitano del Milan sul braccio di un calciatore che avrà tanto cuore, pochissimi polmoni e neanche un briciolo di testa è inaccettabile.
Si può perdere, ma non si può cadere come polli di fronte alle provocazioni di Joe Jordan e rimediare una figuraccia capace di redimere l'Inter di Valencia.
Spero che arrivi una punizione esemplare, che la squalifica sia di quelle lunghissime e che la società addebiti i danni sullo stipendio dell'ex testimonial della Vodafone.
E Allegri? Dov'era durante la sceneggiata? Non è in grado di usare guinzaglio e museruola con il senatore rabbioso?
L'Inter è diventata il Milan e viceversa: la palma dei buffoni è tutta per la società di Via Turati.
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martedì, 15 febbraio, 2011, 10:10
A volte un tempo è qualcosa di più: è malattia e guarigione, è sconfitta e successo, è la fine, ma segna anche un nuovo inizio.
A volte sei adulto e, tuttavia, ancora quel bambino e già quel vecchio in cui ti sembra di poterti riconoscere.
A volte un tempo è tutto il tempo: è la guerra ch'è finita e la sommossa che un esercito non riesce a governare, è il tiranno spodestato da un trono, ma anche il volto amabile del futuro despota che si sta accomodando.
A volte continuiamo a non capire e riproduciamo schemi mentali e storici che abbiamo appreso solo apparentemente: utilizziamo la memoria come un calco che torna a imprimere le stesse ferite, le medesime offese e riusciamo a stupirci di quell'unico inevitabile risultato ch'è lo stesso di sempre.
A volte dovremmo imparare davvero, provare a ricomporre un giorno a partire dal suo profilo migliore e trovare maggiore sincronia con quell'attimo che contiene i frammenti della realtà e dell'illusione.
A volte un tempo è l'infinito che continuiamo a negare, con i piedi drammaticamente incollati ai giorni di una storia che, senza un desiderio autentico d'eternità, non può che riprodurre fedelmente la prigione che abbiamo costruito e dal quale rifiutiamo di evadere.
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lunedì, 14 febbraio, 2011, 10:43
Se osservo il mercato, la folla, la pretesa dell'evidenza, il fanatismo, il turismo "spirituale" di chi non si perde un miracolo o un'apparizione, allora, riconosco che qualche perplessità me la porto dentro.
Se guardo alla fede del singolo, alle persone che scelgono di cambiare vita, ai testimoni che con immediatezza e semplicità raccontano la loro esperienza, tutto appare sotto una luce completamente nuova.
Ho rispetto per quanti credono in queste apparizioni e, sono convinto, che tutto il bene viene da Dio e a Dio ritorna.
Da un punto di vista personale, almeno oggi, non sento il bisogno di partire e di andare in un determinato luogo per sentirmi più vicino a Dio o per esprimere la mia devozione nei confronti della madre di Gesù, ma è chiaro che si tratta di una scelta personale.
Non ho mai incoraggiato nessuno in quella direzione, ma non me la sentirei neanche di scoraggiare chi sente il bisogno di recarsi a Medjugorje.
La Chiesa non obbliga nessuno ala credere nelle apparizioni mariane, non lo fa neanche quando essa stessa le riconosce autentiche: sono convinto che il reale valore e significato di questi eventi appartenga alla sfera privata di ogni persona e mi infastidiscono tanto le enfasi miracolistiche, quanto le risposte denigratorie di chi afferma con, non si sa bene quale certezza, che tutto sia falso.
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venerdì, 11 febbraio, 2011, 10:55
Si recita velocemente da bambini, prima di addormentarsi o dopo un brutto sogno: si attende la sua presenza per ritornare sereni, la sua parola per restare tranquilli, la sua luce per sconfiggere il buio della notte.
Gli adulti, dimenticano in fretta il bisogno di una guida, credono di essere cresciuti a sufficienza e di poter fare a meno di questo prezioso suggeritore che dalla "Pietà Celeste" veglia accanto a noi.
Capita di ritrovarlo nel corso del proprio viaggio, di riconoscerlo e di sentire che per lui nulla è cambiato: sei ancora quel bambino che cerca rassicurazione e protezione.
E' dentro di me, mentre scrivo queste parole dettate da un cuore che rifiuta i limiti e le censure dell'apparente ragione.
L'Angelo Custode, quello che allontanò da me lo spettro della tubercolosi e incoraggiava il mio canto per spegnere il tormento dell'abbandono in quella prigione in cui i bambini malati aspettavano pazienti la venuta del giorno.
L'Angelo Custode che mi sussurrò con qualche attimo d'anticipo la morte di mia madre e mi aiutò ad affidarmi nel momento in cui, solo, avrei potuto conoscere disperazione.
L'Angelo Custode che quel giorno fece ritorno, che soggiornò a casa mia e che da quel momento appartiene a ogni singolo istante della mia vita.
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