giovedì, 3 febbraio, 2011, 10:26
Puoi anche chiamarti Alessandro Del Piero ed essere la bandiera della Juventus, ma quando pretendi sette permessi ztl per la città di Torino (in pratica tutto il centro)forse stai esagerando.
Il comune risponde saggiamente un bel no e Pinturicchio, torna alla carica e inoltra la propria richiesta all'assessore alla viabilità che ribadisce il proprio no.
La motivazione del capitano bianconero è l'assillo da parte dei propri tifosi e la necessità di un'automobile sempre pronta per la fuga.
Ho visto Zaccheroni acquistare tranquillamente al centro Apple e, subito dopo, passeggiare come una persona qualunque tra Via Roma e Piazza Castello: non lo ha fermato nessuno.
Non è che a Torino ci siano sempre frotte di tifosi bianconeri a far la fila per un autografo, Torino è alquanto freddina e non solo a Febbraio.
L'esempio di Del Piero è discutibile: sei una persona fortunata e con un buon numero di privilegi, davvero ti servono 7 permessi ztl per sopravvivere in città?
Più ne hanno e più ne vogliono: dal parlamento, al rettangolo di gioco, il discorso non cambia e, chi dovrebbe dare l'esempio, spesso e volentieri, dimentica.
13 commenti
( 2275 visite )
mercoledì, 2 febbraio, 2011, 09:59
Sono storie del secolo scorso, ma un tempo due famiglie potevano condividere la stessa linea telefonica per risparmiare qualche lira e, non ricordo una sola volta, in cui i miei genitori abbiano litigato con i vicini di casa per la linea occupata.
Il televisore si accendeva lentamente e, due miseri canali trasmettevano a partire dal pomeriggio senza raggiungere la mezzanotte, sembravano, ed erano davvero più che sufficienti.
La maglia del fratello maggiore, spesso, passava attraverso un paio di fratelli e ti raggiungeva quando eri in grado di adattarti a quella taglia.
Il cinema, era quello parrocchiale salvo qualche rara eccezione e, anche in quei casi, il posto di un bambino era il loggione.
Lo Splendor, il cinema a due passi da casa mia, trasmetteva anche qualche vecchio cinegiornale e, tra un tempo e l'altro, un uomo vendeva patatine, gelati e caramelle con una cinghia che reggeva un cassettino di legno.
L'acqua che amavo di più era quella di Piazza Catena e sgorgava lentamente da tre punti, come oggi a dire il vero, solo che nessuno la beve più. Quando eri particolarmente assetato, un amico chiudeva con le dita gli altri due bocchettoni e la pressione del terzo, magicamente, aumentava.
Un cortile era spesso quadrato e le porte dei balconi erano ingressi senza troppe protezioni: uscivi di casa e davi un giro di chiave. La stessa chiave, l'appendevi a un chiodo coperto dal secchiello delle mollette. Se capitava una zingara, da un altro lato del cortile risuonava una voce che non si sentiva affatto invadente nel difendere la proprietà altrui.
Le biciclette erano spesso vecchie e malandate, ma potevano raggiungere qualunque luogo: i campi di mais dopo il cimitero, le ciliegie di Valmanera, i gelsi del Don Bosco, una bottiglietta di gazzosa da Antoniazzi, l'uva delle colline di un qualsiasi paese vicino. Non avevamo che dieci anni ed eravamo in grado di gestire una libertà che oggi non si riesce neanche più a sognare per un maggiorenne.
I fumetti, letti e riletti, erano quasi sempre usati, scambiati, rivenduti e passavano centinaia di occhi prima di esaurirsi.
Un pallone ovalato si consumava sull'asfato o sui campetti e, che disgrazia, quando un buco qualunque scandiva il triplice fischio finale.
I pantaloni eramo quasi sempre "all'Inglese" e un bambino con i pantaloni lunghi appariva come se fosse un marziano.
Nessuno di noi, avrebbe mai avuto il coraggio di parlare male ai genitori del proprio maestro o professore: sapevano bene che la nostra era l'età del torto e a nessuno sembrava poi quella gran sciagura.
Pane con l'olio e un po' di sale, con la marmellata, con un formaggino e, raramente, con un po' di cioccolata... era comunque merenda, anche senza stagnola colorata e affini.
Sono storie del secolo scorso, quello che ha cambiato radicalmente la vita di tutti e per ognuna delle comodità che ci ha donato, ora, chiede interessi degni di uno strozzino.
Abbiamo sottratto le piazze ai bambini, asfaltato i campetti per farne parcheggi e comprato la libertà dell'infanzia con un cellulare, un computer, una consolle per i videogiochi, un corso di danza e qualsiasi amenità capace di copiarli e incollarli dove meglio capita.
Non c'è più un bambino che morsichi una mela con tanto di buccia e siamo ancora qui, a chiederci quale oggetto ci manca per essere felici: abbiamo simulato la vita e, quel che c'è di peggio, ne andiamo anche fieri.
7 commenti
( 2108 visite )
martedì, 1 febbraio, 2011, 10:47
Lo so! Se quando sono in alto provo a guardare giù, le gambe tremano e lo stomaco si svuota immediatamente. Eppure la vertigine è bella e mi conquista, mi attrae, mi seduce, mi fa sentire libero di continuare a fare esperimenti con questa vita che chiede ancora di salire ad alta quota.
Il tempo non è tiranno così come lo dipingono: a volte diventa un comodo alibi per nascondere quella pigrizia che si accontenta e, in realtà, non gode per nulla.
Rimettere in discussione se stessi, misurare il proprio pensiero nel confronto sereno, studiare prospettive nuove, è ritrovare la gioia di un percorso ad ostacoli, è intuire una novità che sceglie le proprie mani per realizzarsi.
"Si sta, come "a primavera", sugli alberi le foglie".
2 commenti
( 1571 visite )
sabato, 29 gennaio, 2011, 11:28
Potrebbe essere un po' scotto questo piatto di riso postato due giorni fa senza alcun commento, ma alcune varietà del re dei cereali hanno tempi assai lunghi di cottura. Il riso selvatico canadese, ad esempio, nero come il carbone, necessità di 80 minuti per raggiungere un grado ottimale di cottura.
Un buon piatto di riso, ha bisogno di tempo e di attenzione: se i minuti a disposizione sono pochi, allora ripiego su un piatto di pasta, ma resto a distanza da qualsiasi porcheria parbloid e non mi lascio ingannare dalla velocità di esecuzione del riso precotto.
Ultimamente ho scoperto dell'ottimo Rosa Marchetti prodotto in un'azienda biodinamica nei pressi di Pavia e lo alterno con una varietà di riso rosso che è un mezzo spettacolo per la tavola.
Ho pensato per decenni che il riso non mi piacesse più di tanto; da quando ho abbandonato lo scaffale dei parbloid, ho scoperto che mi piace quanto la pasta.
7 commenti
( 2009 visite )
venerdì, 28 gennaio, 2011, 18:25
Prenderei il largo e raggiungerei il mare aperto.
Lo farei scegliendo un vento che abbia uso di coscienza e una bussola in cui il nord non risulti taroccato dalla voce dei sondaggi.
Lascerei la penisola dei reality e digiunerei volentieri senza la compagnia di Belpietro, ma anche lontano da Santoro.
Eviterei di spiegare quel che provo al naufrago di un isola lontana, ma gli chiederei il permesso di soggiorno, almeno per qualche mese, il tempo di provare a disintossicarmi.
Vorrei ricordare a me stesso che cos'era la vita prima di diventare il pessimo spettacolo a cui, tutti insieme, stiamo partecipando.
Com'era bello il monoscopio!
14 commenti
( 2016 visite )
Indietro Altre notizie