mercoledì, 18 febbraio, 2015, 16:52
Ci vuole un solo istante per perdersi e a volte, una vita intera per potersi ritrovare.
La discesa è invitante e sono tanti quelli che la imboccano senza chiedersi più di tanto, se davvero conduce dove si desidera arrivare.
Per affrontare la salita è necessario alleggerirsi, lasciare a valle tutto ciò che complica inutilmente il cammino senza dimenticare quel che veramente è essenziale.
Quando ti spogli di qualcosa che sembra appartenerti, hai l'impressione di perdere te stesso, ma se consideri le cose quando è passato un po' di tempo, prendi coscienza di essere ancora te stesso.
Abbandonare i movimenti del proprio ego è doloroso; quella voce dentro continua a raccontarti che se vuoi essere veramente te stesso hai bisogno di quell'oggetto, di quel vestito, di quell'opinione, di quel riconoscimento, di quell'approvazione...
Eppure, dopo la fatica iniziale, l'illusione si dissolve e tu sei ancora tu, e ti viene la voglia di accelerare il passo e di continuare.
La giusta direzione non conosce saldi di fine stagione, sconti per addetti ai lavori o scorciatoie per esperti.
La giusta direzione, quella che Gesù chiama croce, ti spoglia un po' alla volta del superfluo e ti rivela il senso di ciò che realmente ha valore nella tua vita.
La giusta direzione è un dolce svetirsi d'ogni apparenza per ritrovare la verità profonda di quel che sarai.
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martedì, 17 febbraio, 2015, 16:18
Sono lontane le immagini tristi di una Quaresima vissuta come un dazio per poter accedere alla Pasqua.
Ho nel cuore il brivido di chi prepara una valigia essenziale per intraprendere un nuovo viaggio e l'entusiasmo di un bambino che desidera conoscere, scoprire, apprendere...
Io sono polvere che ha ricevuto il dono del respiro e prima di essere cenere ho il compito di acccendermi come fuoco per affrontare serenamente ogni notte.
Io sono polvere che respira e Chi mi permette d'inspirare e di espirare mi chiederà ragioni e cuore di tutto il mio percorso.
Via la barba che invecchia il mio viso per iniziare questa nuova avventura.
Quaranta giorni sono un tempo compiuto, un ciclo di albe e tramonti che conducono al giorno che più non muore.
Quaranta giorni per fare pace coi miei fantasmi e ritrovare me stesso, per scegliere la puntualità e la costanza di un appuntamento quotidiano con Dio, con la sua Parola e con la comunità in cui la condivido.
Quaranta giorni per prendere le distanze da tutto ciò che appesantisce, per mettere a tacere le chiacchiere e per rimettere in onda le parole,
per deporre i troppi telecomandi e riprendere il controllo di sè stessi.
Quaranta giorni per fare in modo che ciò che dona la destra non sia esibito dalla sinistra, perché il gesto di ogni elemosina riscopra la verità del dono, per smettere di far di conto e per godere del gesto del lasciar andare.
Quaranta giorni nel segreto di una camera che non abbisogna di spettatori e di applausi, ma di quel silenzio interiore in cui Dio può suggerire una nuova strada da percorrere.
lunedì, 16 febbraio, 2015, 16:54
Anche ai discepoli di Gesù capita di dimenticare il pane e di avere atteggiamenti del tutto simili a quelli dei farisei e degli scribi.
Hanno visto pochi pani colmare la fame della folla radunata intorno a Gesù, ma sembrano incapaci di ricordare e ancor più, d'interpretare il segno del pane. Un cuore indurito fatica a capire che un pane spezzato e condiviso non risponde solo alla pancia dell'uomo, ma anche al suo spirito.
Un cuore indurito inizia a discutere e cerca un responsabile anziché trovare le risorse necessarie per risolvere il problema.
E Gesù ricorda loro quel segno, li invita a prendere coscienza e a ricordare che sono ancora con Lui. Sono ancora lontani dalla corretta lettura di quel segno e come i farisei, forse, sperano che Gesù compia un altro segno.
Un po' come capita a noi, quando celebriamo un'Eucaristia dietro l'altra senza imparare l'arte della condivisione e di una fraternità che vada al di là delle parole.
domenica, 15 febbraio, 2015, 18:10
Dacci un segno Signore e sappi che non ne abbiamo mai abbastanza...
Facciamo zapping con la vita, saltiamo da un canale all'altro della nostra esistenza senza fermarci più di tanto, senza quel minimo di profondità che ci condurrebbe a contemplare il numero incalcolabile di segni che ci trovano puntualmente disattenti e annoiati.
E' davvero necessario chiedere un segno? Siamo come bambini capricciosi che non hanno neanche più voglia di scartare i numerosi regali che hanno ricevuto per il loro compleanno.
Siamo ciechi di fronte alle infinite varianti di cielo che ogni giorno si presentano ai nostri occhi.
Viviamo in un mondo di costanti rumori che sottraggono il nostro orecchio al canto degli uccelli, al sibilo del vento o alle acque che scorrono.
Abbiamo narici sature di odori che non sanno di vita e non distinguiamo più il profumo dell'Estate o l'essenza della Primavera.
Tocchiamo solo più plastica e le nostre mani non sanno più accarezzare il legno, la pietra o il metallo.
Le papile gustative sono cotte dal sale e anestetizzate dagli zuccheri e diventa difficile cogliere la varietà di aromi e sapori che sono presenti in un singolo frutto di questa terra.
Il problema non è avere un segno in più, ma ritrovare gli strumenti necessari a leggere e interpretare i segni. L'analfabetismo delle anime esige didascalie e sottotitoli ovunque, ma nessuno può sostituirsi a noi nel non troppo semplice atto del capire.
2 commenti
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sabato, 14 febbraio, 2015, 06:18
Apro gli occhi e dico subito grazie...
Per questo mattino che continua ad avere l'oro in bocca e per la leggerezza che mi sento dentro.
Per la mia rosa che inizia da annusare il profumo della Primavera e per le infinite sfumature d'affetto che bussano quotidianamente alla mia porta.
Per il tempo della solitudine che mi fa sentire in compagnia e per i mille incontri che mi riconducono a me stesso e al bisogno di dare un senso a ogni cosa.
Per il canto degli uccelli e per questa incredibile terra in cui cammino sempre più consapevole del dono ricevuto.
Per la liturgia dei giorni e per la domenica che si avvicina sorridente.
Per le corse che ho fatto da bambino e per quelle che riesco ancora a fare oggi.
Per l'adolescente inquieto che mi saluta da un giorno del secolo scorso.
Per la giovinezza dei miei anni e per quella dello spirito che ancora mi sostiene.
Per l'età adulta e per il tempo che mi resta, se anche fosse solo un secondo, è comunque un dono che si aggiunge.
Ti amo vita e questa sera, esco a cena con te.
Ti amo vita e arriverò puntuale con i miei occhi gonfi di lacrime e di tutti i fiori che non ho raccolto, ma che continuo a contemplare.
Ti amo vita e te lo voglio dire, anche senza una scatola di cioccolatini desidero incontrarti e respirarti sino in fondo.
E tanto più mi sarai infedele, tanto più sarò contento per tutti quelli che come me continuano a essere innamorati di te.
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