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Agire e reagire 
mercoledì, 2 novembre, 2011, 10:37


Non è più tempo di reagire, è ora di agire, di chiamare e non di ricevere chiamate, di battere e non di rispondere.
La vita può essere guidata se siamo noi a fare la prima mossa, se evitiamo di chiuderci in difesa, se abbiamo il coraggio di andare ad attacare il re avversario sulla scacchiera anziché proteggerlo con il solito arroco. Un pedone deve smetterla di muoversi di un solo passo perché così di ce la regola, deve sognare d'essere alfiere e tracciare la propria diagonale, deve inventarsi regina e riappropriarsi del movimento del cavallo, deve osare e buttare a mare la regola per non perdere cuore e partita.
Non esiste il due di picche, ma esiste la convinzione di essere tali e una percezione così bassa di se stessi che rinuncia in partenza all'asso potenziale.
Non c'è moviola nella vita reale: se l'attaccante è caduto, arpionato dall'uscita scomposta del portiere e l'arbitro ha decretati il rigore, quel rigore sarà comunque battuto. Possiamo osservare mille volte le immagini mentre la palla s'insacca alle nostre spalle o dirigerci sicuri verso l'angolo e bloccare a terra quel pallone velenoso.
E' tempo di agire e di pensare seriamente che quanto stiamo immaginando si può davvero realizzare: prima che il nostro gesto diventi figlio dell'azione di chi abbiamo di fronte, della situazione che stiamo affrontando, del problema che non riusciamo a risolvere.
I più si perdono in reazioni dettate dall'istinto e dall'abitudine, ma chi vuole davvero cambiare qualcosa di questo mondo, cambia se stesso e inizia ad agire.

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Stay 
venerdì, 28 ottobre, 2011, 16:43


Non è così lontano il cielo
lo puoi toccare ovunque
a trenta centimetri da terra
sulla vetta di una montagna
dove ti trovi adesso è cielo
dove sono io è ancora cielo...
Oltre la barriera della mente
non c'è passato, nè futuro
c'è un presente che risuona
un abbraccio che resiste
un libero spazio, adesso,
e ogni incontro è possibile.
Non desidero il tuo ricordo
so che puoi ancora sentirmi
so di poterti ascoltare, ora,
mentre l'orchestra cresce
attendo sereno il tramonto
cerco la luce che rimane.

Ieri al parlamento 
giovedì, 27 ottobre, 2011, 09:23


Si può essere parlamentare e non avere rispetto per l'istituzione che si rappresenta.
Si può essere parlamentare con tanto di camicia e giacca, ma del tutto sprovvisti di buona educazione.
Si può essere parlamentare con un vocabolario povero di termini per definire i contenuti, ma incredibilmente ricco di sinonimi volgari per dare corpo e consistenza ai propri insulti.
Si può essere parlamentari agitando in continuazione il dito medio per evitare un qualsiasi confronto ed evitare accuratamente la chiarezza di una risposta.
Si può essere parlamentari e godere di un numero considerevole di privilegi, mai abbastanza, per frequentare più assiduamente il proprio posto di lavoro.
Si può essere parlamentari e chiedere la galera per quattro ragazzini violenti, ma è del tutto lecito che in aula volino le mani per politica passione e tutto il resto.
Si può essere parlamentari e non avere la minima idea che la difesa della moglie del proprio "capo" non sia così prioritaria se paragonata alla situazione in cui versa il proprio paese.
Si può essere parlamentari, anche con precedenti penali, perché chi chiede giustizia è indubbiamente forcaiolo e sta evidentemente dalla parte sbagliata.
Si può essere parlamentari e non avere neanche il ricordo di una lezione di educazione civica.
Si può essere parlamentari e qualcuno riesce ad esserlo attraversando numerosi decenni, traslocando da un partito all'altro per sopravvivere a ogni ideologia, rigorosamente incollati alla propria sedia, nel nome del popolo Italiano.
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Caro Giuda ti scrivo 
mercoledì, 26 ottobre, 2011, 08:26


Ci sono lame che penetrano lentamente, come una carezza fredda che solletica la pelle prima di lacerarla e incontrare la resistenza dei muscoli e della carne.
Un giorno dopo l'altro vanno più a fondo e, pur non toccando nessuna parte vitale, scrivono di proprio pugno quella ferita che tradisce e non si rimargina.
E' vero, l'esempio del coltello può sembrare eccessivo e, appare troppo cruento; però quando si parla all'indifferente e difficile spiegarsi senza chiamare in causa l'unica cosa che capisce, la materia.
Pilato si lava abilmente le mani e, anche ai giorni nostri, continua ad affermare di non poter far nulla, di essere impotente. Le cose non dipendono mai da lui, perché è sempre più semplice non affrontare i conflitti e le tensioni e lasciare ad altri la responsabilità di una scelta che non sembra mai tagliata per le proprie spalle.
Caro Giuda ti scrivo che non ho ancora smesso di sperare che, almeno una volta, tu possa stupirmi e andare oltre il peso delle mie parole per dare un senso a queste lunghissime stagioni e restituirmi le lacrime e i sorrisi di un approdo insperato.
So di essere più paziente di quanto avrei mai potuto credere e sperare di me stesso. Ho imparato a negarmi alla collera, ma non rinuncio a cercare quella giustizia che, come ben sai, non è solo per me stesso.
Non giocherò la mia partita in modo sporco, ma non lascerò il campo prima di aver consumato tutte le energie di cui dispongo.
Non provo più alcun risentimento nei tuoi confronti, solo un po' di amarezza e delusione.
Quel bacio non si può ripetere in eterno: c'è un tempo in cui è bene accogliere una menzogna sulla guancia e un tempo in cui è bene sottrarsi e, per una volta, incamminarsi dove l'altrove promette quiete.
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Chi rompe non paga più 
martedì, 25 ottobre, 2011, 10:57


Chi rompe non paga più e i cocci sono nostri.
Chi rompe non si pone il problema dell'immoralità delle cifre che porta a casa prestando un presunto servizio al paese ridotto alla stregua di un cesso.
Chi rompe non si dimette mai, qualunque funziona svolga, non ha la minima responsabilità delle proprie azioni: attende che passi qualche giorno e torna a parlare come se nulla fosse mai accaduto.
Chi rompe sta al governo e continua a ignorare la crisi economica per concentrarsi sulle questioni personali del presidente del consiglio, ma sta anche all'opposizione continuando a ripetere "dimettiti", nella speranza di non doversi ritrovare a gestire l'attuale situazione.
Chi rompe può permettersi di insultare chiunque e utilizza un linguaggio più consono alla curva di uno stadio che al parlamento.
Chi rompe può trasmigrare da uno schieramento all'altro e monetizzare al meglio il proprio voto.
Chi rompe può permettersi di frequentare quando meglio crede il proprio posto di lavoro, ma può strombazzare qualsiasi cosa contro gli assenteisti che per mestiere non occupano una poltrona.
Chi rompe può inventarsi il nome di un paese immaginario e raccoltarlo come se davvero esistesse: siamo l'unico paese che retribuisce chi brucia la propria bandiera e insulta volgarmente le istituzioni di cui fa parte.
Chi rompe sistema i propri pargoli per, quando e se, verrà forse, un tempo in cui non potrà più rompere.
Chi rompe non paga più e ha capitalizzato a sufficienza per affrontare i tempi delle vacche che si fan sempre più magre, ma con una certa ostinazione può rubare tranquillamente quel che resta nelle casse del povero e sostituire il contante con un sempre più improbabile pagherò.


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